Cyberbullismo, l’incontro a scuola.

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di Alessandra Garofalo

Il 4 febbraio Gaggiano ha avuto una grande opportunità, quella di conoscere da (più) vicino un fenomeno “moderno” che riguarda i nostri figli molto più di quanto non si sospetti: il cyberbullismo

L’incontro si è svolto in auditorium ed era rivolto ai genitori dei ragazzi dalla 3^ elementare alla 3^ media, questo perché i ragazzi (almeno quelli delle medie) avevano già avuto la loro parte di incontro a scuola, nell’ambito del progetto su bullismo e cyberbullismo.

La serata è stata resa possibile grazie all’associazione “Gli amici di Carlo ‘Pelo’ Pelizza” ed è stata toccante e… illuminante.

La prima parte di serata è stata dedicata all’accorata testimonianza di un papà che – avendo perso una figlia proprio a causa del bullismo – vive dedicando il suo tempo alla sensibilizzazione sul tema.

Questo papà è il sig. Picchio, papà di Carolina, morta suicida a 14 anni per non essere riuscita a reggere la vergogna di fronte a un video diffuso in rete da quelli che credeva suoi amici, che la vedeva protagonista di atti sessuali (simulati) mentre giaceva a terra ubriaca e priva di sensi. Carolina, in realtà, era già entrata nell’occhio di quel meccanismo perverso del bullismo già prima di quel video.

Il sig. Picchio, papà di Carolina
Il sig. Picchio, papà di Carolina

La tragedia del sig. Picchio, oltre alla perdita della sua unica figlia, è quella di un padre che non si è mai accorto di nulla nè ha mai sospettato; che ha scoperto ciò che stava accadendo alla figlia solo mesi dopo il suo suicidio, man mano che le indagini della polizia proseguivano, aprendo squarci nella vita apparentemente serena di Carolina.

La seconda parte della serata ha visto il contributo del prof. Zanardi, che collabora con la Fondazione Carolina, il quale ha illustrato in modo estremamente chiaro, scientifico e oggettivo il funzionamento della rete e dei social più in voga tra i nostri ragazzi.

Ha cominciato illustrando i dati statistici relativi al tempo che i ragazzi trascorrono sui social e ha comunicato qualcosa che forse i più non sanno: l’utilizzo dello smartphone stimola alcune aree del cervello che rimangono attive fino a 4 ore dopo che lo smartphone viene spento. Il che significa che se uso lo smartphone la sera prima di andare a letto, il mio cervello rimane sveglio (e quindi non riposa) anche dopo che mi metto a dormire. Per 4 ore. E ciò è direttamente associato a fenomeni di iperattività, scarsa concentrazione, deficit di attenzione, poca memori, tanto diffusi, ahimè, tra i preadolescenti.

Il prof. Zanardi ha proseguito spiegando i social più diffusi, facendo luce su aspetti noti e meno noti. Uno fra tutti: una volta che un post, una foto, un video viene pubblicato sui social, cessano di essere nostri e diventano automaticamente di Instragram, Facebook, Tik Tok, insomma della Rete che può farne ciò che vuole. E non serve la nostra autorizzazione, perché quella ce l’hanno già: gliel’abbiamo data nel momento in cui ci siamo iscritti al social in questione. E sempre in quel momento abbiamo altresì confermato di possedere il requisito minimo di età previsto per l’uso dei social che è 13 anni (16, per whatsapp). Ciò significa che – secondo la legge – nessuno dei ragazzi fino alla 3^ media potrebbe avere un profilo sui social.

Il motivo di questo limite minimo di età sta nella natura fisiologica del cervello umano: prima di quell’età (e spesso anche dopo) i nostri ragazzi non sono in grado di comprendere appieno, né tantomeno gestire, non tanto la pubblicazione e l’esposizione di sé stessi, quanto piuttosto le conseguenze eventuali di tale esposizione e diffusione. La storia di Carolina ne è un triste esempio.

prof_Zanardi
Il pro. Zanardi

Un’ultima informazione fornita dal prof. Zanardi ha lasciato i presenti nell’inquietudine generale. Riguarda nello specifico un social molto diffuso tra i preadolescenti (Tik Tok) ma porta a galla la superficialità generale con cui acconsentiamo all’utilizzo dei social da parte dei nostri figli. Tik Tok è un social sul quale vengono pubblicati brevi video, per lo più; prima di essere Tik Tok (di proprietà cinese) si chiamava Musical.ly…di proprietà libica. Se il fatto che sia di proprietà cinese può destare lievi preoccupazioni, non si può dire altrettanto del fatto che – nonostante l’acquisizione – i server con i contenuti postati quotidianamente su Tik Tok siano ancora ubicati in Libia. Cioè in un Paese che non ha un governo stabile, in guerra e che quindi in caso di necessità (per es. di denaro per acquistare armi) avrebbe a disposizione una infinità di materiale fotografico riguardante minorenni, cedibile al miglior offerente.

Ecco, l’incontro del 4 febbraio è stato questo e molto di più.

Il sig. Picchio, con la Fondazione Carolina da lui fondata, gira l’Italia, le scuole, le associazioni per portare il messaggio lasciato da Carolina prima di buttarsi dalla finestra (“le parole fanno più male delle botte”), per portare la vicenda di Carolina a conoscenza di quanti più possibile. Non per gloria, ma per evitare che la storia di sua figlia diventi la storia di qualcuno dei nostri ragazzi. Lo fa con la sua accorata testimonianza e proiettando un video (girato da attori) che ricostruisce la vicenda che ha portato alla morte di Carolina. Lo fa con l’ausilio di professionisti della comunicazione e specialisti della psicologia degli adolescenti.

E si arrabbia, il sig. Picchio, perché vede pochi genitori e probabilmente nella nostra distrazione rivede se stesso qualche anno fa, quando non immaginava nemmeno lontanamente cosa stava accadendo a sua figlia, mentre se solo avesse sospettato qualcosa forse avrebbe potuto intervenire in qualche modo per salvare sua figlia.

La sua testimonianza e il contributo della Fondazione Carolina sono estremamente importanti, sia per i ragazzi (che come detto sono stati coinvolti, con modalità differenti a seconda della fascia d’età) sia per i genitori che escono da quegli incontri con un po’ di inquietudine, forse, ma anche con un po’ di preziosa consapevolezza in più.

Per chi volesse conoscere la storia di Carolina, ecco il link al sito della Fondazione fondata da suo padre: https://www.fondazionecarolina.org

Qui sotto il video che ricostruisce attraverso le parole del padre, ciò che è successo a Carolina:

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